Bilinguismo infantile: l'importanza di studiare l'inglese fin da bambini

Bilinguismo infantile: quando iniziano a parlare i bambini in inglese?
La risposta corretta è: dipende dai loro genitori e da quanto reputino importante il bilinguismo infantile.
Infatti sono proprio le scelte fatte dagli adulti nei primi anni di vita dei loro figli, che influiscono di più sulla loro crescita, sviluppo cognitivo e propensione al bilinguismo.
Secondo le teorie dello psicologo e pedagogista svizzero Jean Piaget, l’intelligenza dei bambini, pur avendo un’origine individuale, è fortemente influenzata dall’ambiente e dalle interazioni sociali.
In poche parole, due bambini con lo stesso quoziente intellettivo, ma esposti a stimoli, esperienze e percorsi di apprendimento diversi, saranno capaci in maniera differente di esprimere il loro massimo potenziale. Maggiori saranno gli stimoli e le opportunità di apprendimento concesse al bambino, maggiore sarà il suo sviluppo intellettuale e le sue abilità. Di conseguenza, verrà influenzata in maniera positiva anche la sua predisposizione a particolari attività e passioni.
Se consideri l’inglese importante per il futuro di tuo figlio, è bene che il tuo bambino inizi a studiarlo il prima possibile. In questo modo, svilupperà in maniera naturale una propensione al bilinguismo, che si porterà per il resto della vita.
Anche se l’utilità di far studiare l’inglese ai bambini è stata provata da molti studi scientifici , alcuni genitori sono ancora restii al riguardo. Il motivo principale è dato dagli innumerevoli pregiudizi e false credenze che tuttora esistono sul bilinguismo infantile. Molti genitori ancora oggi danno credito a queste teorie e decidono di non far intraprendere questo percorso ai propri figli.
Con questo articolo, vogliamo mostrarvi il vero potenziale ed i lati positivi del fare studiare l’inglese ai bambini fin piccoli. Sfateremo inoltre molti falsi miti e credenze relative al bilinguismo infantile, fornendovi una maggiore comprensione del fenomeno.
Solo se siete perfettamente consapevoli, siete in grado di fare la scelta migliore per i vostri figli.
L’importanza del bilinguismo infantile
Quante volte, parlando con qualche mamma o papà, hai sentito dire:
“A mio figlio non faccio studiare un’altra lingua, sennò non ne impara bene nessuna”?
E tu che ne pensi? Concordi con questa affermazione?
Se la tua risposta è affermativa, forse non hai mai analizzato a fondo l’argomento.
Parte della nostra società considera ancora oggi in maniera negativa l’insegnamento dell’inglese ai bambini piccoli. Ciò è causato dall’estrema disinformazione che ancora esiste nel nostro paese sul tema del bilinguismo infantile. Tuttavia, molti studi scientifici hanno dimostrato che parlare due lingue apporta numerosi benefici ai bambini.
La ricercatrice scientifica dell’ I-LABS (Istituto di Apprendimento e Neuroscienze dell’Università di Washington) Naja Ferjan Ramirez pensa che i bambini siano dei veri e propri “geni delle lingue”! Secondo i suoi studi, è emerso che il loro cervello non è affatto troppo fragile per imparare una seconda lingua. Al contrario, trae enormi benefici da questa attività.
Le ricerche condotte dal suo team hanno infatti dimostrato che l’apprendimento di una seconda lingua, rende l’attività cerebrale dei bambini bilingue più forte di quella dei coetanei monolingue. Questo processo infatti attiva la corteccia prefrontale, la parte del cervello usata per dirigere l’attenzione, pensare in maniera flessibile e passare da un’attività all’altra. Il risultato è una spinta cognitiva maggiore registrata nei bambini che parlano due lingue.
Le preoccupazioni dei genitori sul bilinguismo infantile
I genitori, soprattutto quelli italiani, sono molto apprensivi nei confronti dei propri bambini. Pur augurando ai figli una perfetta conoscenza dell’inglese, hanno sempre paura di affaticarli e stressarli troppo. Per questo motivo, molti sono ancora scettici sul far studiare una seconda lingua ai propri figli.
Molti genitori credono che il bilinguismo dei bambini rallenti il loro apprendimento della lingua.
Niente di più sbagliato!
Recenti studi hanno infatti dimostrato che i modelli dell’apprendimento bilingue sono molto simili a quelli monolingue. In entrambi i casi, i bambini producono i primi suoni e parole alla stessa età. L’unica differenza significativa registrata è la presenza di un vocabolario più ampio nei bambini bilingue.
Un’altra preoccupazione frequente dei genitori è che il bilinguismo infantile crei confusione nella mente del bambino.
L’origine di tale credenza risiede nella pratica comune dei bambini di inserire nella stessa frase o discorso parole di due lingue diverse. Tale fenomeno è noto come “Code mixing”.
Gli studiosi hanno però smentito tale tesi e scoperto i tre motivi per cui questo fenomeno avviene:
- I bambini scelgono il modo più facile per esprimersi. I bambini bilingue per comunicare, potendo accedere facilmente a due lingue diverse, scelgono le parole che conoscono e ricordano meglio.
- Possono permetterselo. Di solito, il fenomeno del “Code mixing” si verifica solo quando il bambino interagisce con un interlocutore che potrà capirlo, perché altrettanto bilingue. I bambini infatti sono in grado di adattare la loro lingua in base alla controparte.
- Non è un processo casuale. Al contrario di quello che si pensi, la sostituzione delle parole non avviene in maniera casuale, ma segue precise regole grammaticali. Di conseguenza, questo processo non è affatto semplice e richiede una grande competenza linguistica in entrambe le lingue.
Perciò il “Code mixing” non è sintomo di confusione, ma piuttosto di una sofisticazione linguistica.
I vantaggi di essere un bambino bilingue
I bambini, imparando due lingue allo stesso tempo, ottengono molti più vantaggi di quello che si possa immaginare. Oltre a maggiori competenze linguistiche rispetto ai loro coetanei, sviluppano anche migliori abilità a livello comunicativo e sociale.
Secondo la tesi di Maria Kihlstedt, professoressa dell’università Paris-X Nanterre e psicolinguista, lo studio precoce di una seconda lingua come l’inglese, aiuta molto lo sviluppo del bambino. Permette infatti a quest’ultimo, una volta cresciuto, di acquisire un’ampia elasticità mentale e una percezione accurata delle regole comunicative. I vantaggi però non si limitano all’età adulta. Già da subito infatti, si distinguerà dai suoi coetanei monolingue, per:
- una maggiore capacità di problem solving
- una più sviluppata attitudine a concentrarsi ed a praticare l’attenzione selettiva
- l’acquisizione e la riproduzione dei suoni come un madrelingua
- lo sviluppo di due codici linguistici in contemporanea, tramite un unico gruppo di concetti
- un cervello molto più attivo, allenato ed elastico
- migliori performance nei test operativi
- una maggiore capacità di memorizzare le informazioni
- l’estrema facilità di apprendimento di una terza e quarta lingua
- un cervello più sano e complesso
- una spiccata empatia e valutazione di prospettive diverse dalla loro.
Qual è l’età giusta per imparare un’altra lingua?
Anche in questo caso la risposta è: dipende. L’età giusta per iniziare ad insegnare l’inglese ai bambini dipende dal livello di conoscenza che si vuole raggiungere. Generalmente, prima si inizierà con lo studio, più chances avrà il bambino di raggiungere una conoscenza da madrelingua.
Comunque l’elemento fondamentale per raggiungere l’obiettivo è la continuità. Bisogna infatti evitare periodi di inattività, altrimenti si rischia di vanificare tutti i risultati ottenuti fino a quel momento. Si deve inoltre tener conto della minore capacità di apprendimento linguistico, che si registra con la crescita.
Secondo uno studio dei ricercatori del MIT (Massachusetts Institute of Technology), per raggiungere un livello di conoscenza madrelingua in un’altra lingua, bisogna iniziare a studiarla prima dei 10 anni. Se ci si accontenta di un buon livello invece, basta non superare i 18 anni.
Questa tesi è motivata dal fatto che è stato scientificamente testato che l’apprendimento di una nuova lingua sia molto più facile per i bambini che per gli adulti. Ancora non sono ben chiari però i motivi di questa progressiva riduzione della capacità di apprendimento linguistica. La ragione potrebbe risiedere sia nella variazione della plasticità cerebrale che in alcuni fattori culturali.
I bambini infatti, avendo il cervello più plastico, tendono ad imparare l’inglese usando entrambi gli emisferi. Al contrario della maggioranza degli adulti che per il linguaggio usano esclusivamente il sinistro. Inoltre, secondo lo scienziato Josh Tenenbaum, anche i cambiamenti di vita, come l’inizio dell’università o del lavoro, potrebbero distogliere l’attenzione e le energie dallo studio di una nuova lingua.
Come insegnare l’inglese ai bambini?
L’insegnamento dell’inglese ai bambini è molto più complicato di quello che si possa pensare. Non basta esporli alla lingua per un paio di ore al giorno attraverso la tv o altri dispositivi elettronici. Il vero processo di apprendimento inizia quando il bambino ha interazioni sociali con una persona madrelingua. E’ necessario quindi un interlocutore in carne e ossa, che sappia parlare l’inglese con competenza e disinvoltura.
Anche l’ambiente gioca un ruolo fondamentale nell’approccio dei piccoli alla lingua. L’insegnamento è efficace solo se si avvale del gioco, del divertimento e del contatto con altri bambini. Solo in questo modo i piccoli si sentiranno a proprio agio e svilupperanno un interesse ed un atteggiamento positivo nei confronti della lingua.
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